giovedì 24 dicembre 2009

Fissa e freni.


Le bici a scatto fisso (dette anche fisse) sono biciclette dove non è presente il meccanismo della ruota libera e quindi possono essere controllate sia in accelarazione che in decelerazione con la sola forza delle gambe. Questa caratteristica fa sì che sia possibile non montare nessun freno mantenendo la possibilità di fermarsi. Tutto molto semplice, efficiente, diretto, zen ed esteticamente pulito. Se ci si vuole fermare si da un leggero colpetto in avanti col bacino, si spinge sul pedale che sta dietro e si tira col pedale avanti, grazie alla tenuta su un cinghietto legato tra pedale e puntapiedi. Con questa manovra si riesce a trasmettere alla ruota posteriore una coppia sufficiente persino a bloccarla su asfalto asciutto, quindi un'efficacia del tutto paragonabile a quella di un buon freno tradizionale se chi la effettua sa li fatto suo.
Considerando quindi che in città il miglior modo - o forse l'unico modo - per evitare di farsi male è saper prevenire le situazioni di pericolo piuttosto che disporre di un impianto frenante in grado di garantire staccate da formula 1, si potrebbe affermare senza troppe preoccupazioni che una bici fissa senza freni sia adatta per muoversi in ambiente urbano.
Ci sono però 2 elementi che mi fanno sconsigliare caldamente a chiunque di girare brakeless: uno di carattere tecnico e l'altro legale.
L'aspetto tecnico è molto semplice: un buon impianto frenante deve essere sdoppiato affinché se una parte smette di funzionare si può ancora contare su un'altra parte sana per arrestare la nostra (folle) corsa. Ma se l'impianto frenante è costituito dalla sola trasmissione come pensiamo di fermarci se per esempio, si smaglia la catena, si strappa un cinghietto o si sfiletta il mozzo? Be', io non vorrei mai trovarmi in una di queste situazioni senza un freno d'emergenza su cui contare. Non voglio inventarmi improbabili manovre acrobatiche per salvarmi la vita quando devo già fare attenzione a non infilare la ruota nei binari del tram o alle madame rimbecillite che escono dai parcheggi con delle auto rubate alla guerra in Iraq senza guardare se sta passando qualcuno.
L'aspetto legale è altrettanto semplice: il codice della strada recita che le biciclette devono essere equipaggiate di un freno indipendente per ogni asse. È quindi chiaro che se già le fisse con un solo freno sono al limite della legalità, quelle brakeless sono fuori di brutto. E la cosa è grave non tanto per il rischio di prendersi una multa ma perché in caso di incidente, anche con piena ragione, la controparte potrebbe obiettare che lo schianto è avvenuto a causa della mancanza dei freni sulla bicicletta coinvolta e con ogni probabilità il ciclista fisso si troverà con la bici a pezzi, qualche livido (se va bene) e nemmeno un euro di risarcimento. Insomma cornuto e mazziato. Ne vale la pena?

C'è ancora il fattore peso. Un impianto composto di leva, cavo, guaina, eventuale viteria, pinza e pattini come il vecchio u-brake da strada che c'è in foto supera di poco i 300 grammi, cioè un valore ampiamente sostenibile se consideriamo che permette di fermarsi con la semplice pressione di 2 dita e di evitare fastidiose rogne in caso di crash.

P.S.
Questi sono solo consigli dettati dalla mia esperienza di ciclista urbano che ha voluto provare anche il brakeless, ma si è trovato a fidarsi ad usarlo solo per uscire la sera o la domenica quando il traffico è meno impestato con l'ovvia conseguenza di fare dietro front. L'unica situazione in cui tutto sommato si può fare a meno del freno è quando c'è neve sulle strade, ma ne parlerò in un altro post.

mercoledì 25 novembre 2009

Problemi di logica

Sono iscritto all'università, corso di laurea in informatica e sono anche pesantemente fuori corso. Uno degli esami che mi mancano ancora è quello di logica matematica. Ok, io sarò anche un asino, ma le nozioni fondamentali le ho imparate e se ho a che fare con qualcosa di manifestamente illogico e irrazionale me ne accorgo subito. Oggi mi è capitata in mano una copia di E Polis Torino, un ottimo quotidiano gratuito che gira nel capoluogo piemontese e la mia attenzione si è soffermata su un articolo "linkato" dalla prima pagina dove si descriveva un clima di polemche riguardanti l'autovelox di corso Moncalieri quasi all'incrocio col ponte Isabella, posizionato in seguito all'investimento di un pedone proprio in quel tratto di strada.
Si può discutere di tutto: che gli autovelox sono inutili ai fini della sicurezza perché tanto basta rallentare in loro presenza per poi riaprire il gas 100 metri dopo, che servono ai comuni solo per fare cassa, che i veri problemi della società odierna sono altri, etc... Nell'articolo c'è però una cosa che è una vera e propria stronzata epocale, sia dal punto di vista logico che da quello legalitario: "Il limite di velocità in corso Moncalieri resterà di 50 chilometri orari, ma da lunedì prossimo saranno multati solo gli utomobilisti che oltrepasseranno i 75". Splendido: la legge impone un limite ma, dal momento che tutti se ne strafottono e poi vanno a piangere dal giudice di pace quando vengono pinzati a fare i furbi, nell'applicazione si decide di alzare a piacimento questo limite in modo da accontentare tutti. E di fatto, senza sanzione, il limite si alza a 75. Poi c'è anche un gigante del pensiero contemporaneo, lungimirante statista e uomo politico dallo spiccato senso delle istituzioni che risponde al nome di Giuseppe Lonero secondo il quale, stando a ciò che sta scritto nell'articolo, percorrere corso Moncalieri a meno di 50 all'ora è impossibile. Stop, ipse dixit. Le marce vanno usate tutte e 5 (o 6 per i più sportivi) e il gas va spremuto per bene. Poco importa se siamo in città, la strada è costeggiata da marciapiedi e le carreggiate sono separate da una semplice linea disegnata sull'asfalto. Meno di 50 all'ora no, non si può.
Tornando un attimo seri mi preme sottolineare che un simile abominio assume ulteriore valore negativo - oltre a quello già insito nella frase - proprio perché è pronunciato da una persona che, militando politicamente, dovrebbe anteporre a tutto il rispetto della legalità. Un po' lo capisco: l'automobilista medio è un frustrato del cazzo, spesso obeso, condannato a pagare per ogni istante che si trova ad occupare la strada e ossessionato dal bisogno di velocità appena vede 100 metri liberi per poi inchiodarsi diversi minuti nella prossima coda. Ma sentirmi dire che è impossibile rispettare le leggi è civilmente intollerabile. Seguendo la stessa linea di pensiero io allora potrei sentirmi autorizzato a spaccare il cranio con l'arco d'acciaio del mio u-lock al prossimo testa di cazzo che mi apre una portiera in faccia perché "chiunque giri in bici in città sa bene che è impossibile sopportarlo".

Vergogna.

martedì 24 novembre 2009

Resoconto alleycat 4 setembre 2009

Eccomi col consueto ritardo biblico che mi ha sempre contraddistinto a scrivere qualche parola sulla garetta urbana che ho organizzato lo scorso settembre. Riardo amplificato dal fatto che, aspettando che il mio amico fotografo mi mandasse qualche scatto, sono riuscito a perdere il quaderno su cui avevo annotato la classifica... ma l'ho magicamente ritrovato!

La gara era articolata su 3 checkpoint da scoprire man mano che si procedeva e da un punto di partenza e uno di arrivo diversi tra loro. Ad ogni check point si riceveva un foglio con su scritte 2 domande a risposta chiusa: gli argomenti erano meccanica ciclistica, competizioni e storia della bici. Ogni risposta esatta dava diritto ad un abbuono di 2 minuti sul tempo totale, e ogni risposta sbagliata causava una penalità di 1 minuto. Non rispondere non averva effetti sul conteggio del tempo.
Il via ai 13 corridori iscritti è stato dato verso le 21:30 in zona Parco Ruffini e le buste contenenti l'indirizzo del primo chekcpoint erano esattamente sotto il grattacielo della Lancia visibile dal punto di partenza. La prima tappa era in zona Mirafiori, esattamente dentro la sala prove Pepper Music. Da lì si doveva raggiungere il pub Charlie Bird nelle vicinanze della stazione di Porta Nuova e infine in piazza Bernini, davanti all'ISEF dove si trovavano le indicazioni per raggiungere il traguardo in piazzale Adua, all'incrocio tra viale Thovez e strada Val Salice, subito prima che la strada iniziasse a pendere seriamente.

I primi a presentarsi contemporaneamente all'arrivo sono stati Ciuf e Maino, poi Zino, Gio, Ovidiu, Taka, Gino, Walter e infine il Mecca... maglia nera: buuuuuuuuu!!!!! Ritirato Claudio e dispersi Thomas (mappa incompleta) e Oga (rintracciato via telefono dalle parti di via Barbaroux... WTF?) dei quali ho avuro notizie rassicuranti il giorno dopo.
La formula delle domande con abbuoni vede confermato in classifica il primo posto ex equo di Ciuf e Maino con 3 riposte esatte e permette a Ovidiu che ha centrato tutte le risposte di scavalcare Zino e Gio che ne hanno prese solo 2.

Di alleycat in data odierna ne ho corse 5 e organizzata solo una, questa. Le emozioni sono diverse: non c'è agonismo e tutti gli sforzi vanno concentrati cercando di non lasciare nulla al caso prevedendo tutti i possibili scazzi che si potrebbero verificare. Io per esempio ho fatto un errore molto bnale, cioè non ho comunicato ai partecipanti il mio numero di cellulare e così ho perso tempo ad aspettare che arrivassero al traguardo i 2 desaparecidos. Però se l'evento riesce la soddisfazione è tanta e i ringraziamenti di chi si è divertito sono decisamente appaganti. Davvero.

Devo però anch'io ringraziare chi mi ha permesso di mettere in piedi questo piccolo evento. In ordine di checkpoint così nessuno si offende...
- Alberto di Ecoobike per l'assistenza logistica e la gradita compagnia
- Max della pepper music
- Beppe, Furio e tutto lo staff del Charlie Bird in via Gioberti 1
- Danx che si è sucato una serata da solo davanti all'ISEF... leggetevi il suo blog che ha una bella testa il ragazzo: http://italiasenzavalori.blogspot.com/
- George per le foto
- E ovviamente grazie a chi ha partecipato!

giovedì 3 settembre 2009

Un po' di sano agonismo


Venerdì sera i migliori ciclisti urbani torinesi si daranno battaglia per decretare chi è il più figo a pedalare tra le strade nella nostra splendida città.
Mancare sarebbe imperdonabile!

Ok, ecco le tanto attese info...
- zero costi iscrizione
- zero sponsor e zero premi
- più che una gara è un pretesto per organizzare una serata per fare un po' di casino tutti insieme, ma fidatevi che c'è da far girare bene le gambe e la testa
- come specificato nel flyer sono ammessi tutti i tipi di bici: dalla pista brakeless fino al cancellone da DH con tutto quello che sta in mezzo
- sono necessari qualcosa per legare la bici (niente di corazzatissimo, almeno per quel che riguarda la gara), qualcosa per scrivere (matita, penna, pennarello, latta di vernice + secchio, sangue, etc...) e la mappa di torino per trovare i nomi delle vie in cui ci si deve recare
- non ci saranno da portare grandi carichi quindi si può anche fare a meno dello zaino, ma consiglio lo stesso di avere delle tasche belle capienti per non perdere il materiale cartaceo che verrà consegnato ai checkpoint
- consigliatissimi casco e luci dal momento che si gira col buio

Il punto esatto del ritrovo è questo: link a google maps
si tratta dei giardinetti tra via Isonzo e corso Trapani, nella zona di fianco ai campetti da basket, dove c'è una specie di area fatta a forma di teatro con un ponticello di legno. Precisamente dietro al palazzo che sta in corso Trapani 211, insomma dalla parte di via Isonzo.

- ci si incaglia alle 21:00 e cercate di arrivare puntuali se no si finisce per partire che è già giorno
- se ci sono domande chiedete pure

A domani!

mercoledì 8 luglio 2009

Che faccio, mi chiudo a riccio?

Ovviamente no. Però quando ho ricevuto il mio primo messaggio offensivo (che emozione!) sono stato seriamente tentato di moderare preventivamente tutti i commenti in arrivo su questo blog. Poi però ho pensato che non avrei fatto altro che stare al gioco di chi mi vuole fare incazzare. E così - per ora - continuo a lasciare la pubblicazione dei commenti istantanea e aperta a chiunque. Mi limiterò semplicemente a cancellare le offese gratuite.


Un consiglio: se avete qualcosa da ridire su quello che scrivo ben vengano le critiche. Gli insulti però teneteveli per voi che tanto li cancello o se proprio avete qualcosa di brutto da dirmi abbiate almeno il buon gusto di farlo a viso aperto e non coperti dall'anonimato che offre internet.

P.S.
beccatevi sta foto di un corridore Cervélo in transito a Roquebrune al prologo del tour 2009. Avrà anche il cambio, ma sticazzi che biga paurosa! con le Zipp poi...
http://www.cervelo.com/bikes.aspx?bike=P42009

martedì 7 luglio 2009

Bike sharing a Torino - analisi statica

Dallo scorso autunno a Torino nella circoscrizione 2 sono timidamente comparse alcune biciclette destinate ad un servizio di bike sharing. Molti parlano di questa modalità di trasporto come se fosse ciò che riuscirà a sollevare le nostre città dal peso dei disagi causati dall'arretratezza mentale (oltre che dall'obesità) di chi non si decide ad alzare il proprio culo (flaccido) dal sedile di un'automobile optando per metodi di trasporto più sostenibili. Io penso che come tutte le cose anche il bike sharing abbia i suoi pro e i suoi contro, ma che tutto sommato sia un sistema con delle grosse potenzialità per migliorare la qualità della vita. Tuttavia in questo post mi limiterò a dare un mio personalissimo giudizio sul montaggio di queste bici e trarrò le mie conclusioni.

A scanso di equivoci parto con ciò che mi è piaciuto e le critiche le lascio per ultime.

  • Impianto frenante - 2 bei v-brake con leve e pinze in alluminio.
  • Trasmissione - Single speed con un bel copricatena per non sporcarsi e pedali con inserti in gomma antiscivolo. Sistema semplice, efficace e che ha bisogno di pochissima manutenzione.
  • Capiente cestino portaoggetti anteriore.
  • Telaio con disegno senza tubo orizzontale che facilità la salita in sella.
  • Parafanghi generosi che riparano anche dagli schizzi più fastidiosi.

E ora le dolenti note. Ancora più dolenti poiché alcuni difetti sono presenti negli stessi punti di cui ho appena tessuto le lodi.

  • Da nessuna parte sta scritto che il freno anteriore debba essere comandato dalla leva sinistra e il posteriore dalla destra, ma di norma è così su tutte le bici, quindi che senso ha che su queste bici da condividere si sia scelto di invertire le leve? Sta cosa sembra un particolare da poco, ma per esempio sul bagnato se uno si scorda che la frenata è invertita rischia di finire a terra senza troppe indecisioni.
  • La corona anteriore misura 42 denti e la ruota libera ben 22 e il tutto muove una ruota da 26". Ci troviamo di fronte ad uno sviluppo metrico degno di una mountain bike single speed adatta ad affrontare salite su sterrato, ma non certo il territorio asfaltato e quasi completamente pianeggiante di Torino. Proprio non capisco che senso abbia montare un rapportino così corto.
  • La sella è attaccata al telaio con un bel quick release che però è bloccato in posizion media... quindi le persone alte o quelle molto basse avranno serie difficoltà a pedalare su un affare del genere. Capisco che una sella bloccata col solo quick release sia facile preda per ladri e vandali, ma sarebbe stato più pratico trovare qualche sistema alternativo per permettere la regolazione impedendo comunque il furto.
  • La forcella ammortizzata in città non serve a niente, soprattutto se di bassa qualità: pesa e basta. Molto meglio delle ruote raggiate con un alto numero di incroci.
  • Chi ha avuto l'idea di lasciare queste bici esposte alle intemperie è stato veramente un genio: le parti non verniciate si sono ovviamente arrugginite. La trasmissione è la prima a soffrirne, ma probabilmente anche serie sterzo e cablaggi subiranno la stessa inevitabile ossidazione.
  • Il servizio è attivo dalle 6 del mattino fino a mezzanotte... Ma perché? Che senso ha che se uno vuole uscire a bersi una birra con la bici sia costretto a fare orari da cenerentola?

Mi spiace essere così brusco nei giudizi, ma un sistema di bike sharing come questo fa proprio schifo e non mi stupirei se nessuno ne usufruisse. Le bici sono approssimative e lasciate per strada a marcire. Non è così che si incentiva la mobilità ciclabile. Penso che chi ha avuto la brillante idea di gestire questo servizio in modo così scadente siano le stesse persone che progettano le piste ciclabili torinesi che sembrano fatte apposta per farsi male. Ma sicuramente i responsabili di questi scempi non hanno la minima idea di cosa voglia dire girare in bici in città, probabilmente perché l'ultima volta che hanno vista una bici è stato in terza elementare.

Se riesco mi piacerebbe provare a fare un giro su uno di questi mezzi per testare il servizio non solo dal punto di vista statico.

venerdì 5 giugno 2009

Furti e giuste contromisure

Prendo spunto da alcuni recenti post sul blog della critical mass torinese per fare qualche riflessione sui furti di bici in città che nonostante qualche sporadico arresto di ladri non tendono a diminuire in modo sensibile.
Premetto che se dovessi seguire la filosofia del "mors tua vita mea" non avrei proprio nessuna convenienza a esternare ciò che sto per scrivere, ma ogni tanto qualche buona azione bisogna pur farla. Quindi sucatevi i miei consigli di ciclista urbano con esperienza quasi decennale e 2 furti di bici alle spalle.

Andiamo subito al sodo. Una barra d'acciaio di diametro inferiore o uguale agli 8 o 9 mm può essere tagliata senza troppe difficoltà da qualsiasi ladro armato di un tagliabulloni di medie dimensioni che sta tranquillamente dentro uno zaino per passare inosservato. Quindi se usate una catena o un lucchetto di quella misura in una zona frequentata dai ladri sappiate che la vostra bici rischia parecchio. Non parliamo nemmeno degli antifurti a cavo d'acciaio ricoperto in gomma che servono giusto per legare la bici stando a vista ed evitare che qualcuno ci possa salire sopra e pedalare via. Per aprirli è sufficiente un utensile in grado di tagliare un singolo filo d'acciaio che compone la treccia, quindi qualcosa di molto piccolo tipo una normale cesoia tascabile.
Come già detto a me di bici ne hanno rubate 2 ed entrambe erano legate con catene facilmente vulnerabili. Poi, stufo di cambiare una bici all'anno regalandola a qualche tossico, sperando che la rivendesse per farsi l'ultima dose della sua vita, mi sono comprato un u-lock di diametro 12 mm (quello che si vede in foto) e pur legando la bici di notte e in luoghi non proprio sicurissimi non me l'hanno ancora rubata. Una volta ricordo che ho messo in fuga un criminale che, vista l'impossibilità di tagliare l'u-lock, stava cercando di sradicare il segnale stradale a cui avevo legato la mia cavalcatura. Ora credo che comprerò il kryptonite New York 3000 che coi suoi 16 mm di spessore è un ottimo aversario contro gli scassinatori.

Tuttavia, nonostante queste ovvie considerazioni, continuo a vedere in giro bici anche carine legate in modo scandaloso con catene ridicole o peggio ancora antifurti a treccia d'acciaio. A me la cosa non può che convenire in quanto affiancando la mia bici legata in modo serio ad una che risulti più facile da portar via è ovvio che la scelta del ladro cadrà a mio favore. Però visto che mi sta a cuore la possibilità di potersene tornare a casa autonomamente dei miei compagni a pedali gradirei che la gente la smettesse di farsi inculare la bici stendendo il tappeto rosso sul cammino del ladro.

Epilogo
- Indipendentemente dall'antifurto più o meno pesante evitate di legare in giro bici troppo costose o alle quali siete particolarmente affenzionati perché spesso, se il ladro non riesce a portarsela via, sfogherà la sua frustrazione con atti vandalici sulla bici stessa rompendo raggi, piegando ruote e graffiando il telaio.
- Con la giusta esperienza, i giusti attrezzi e un po' di tempo qualsiasi antifurto si può aprire, non esiste niente di definitivo.
- Evitate di comprare biciclette usate di dubbia provnienza, magari col numero di telaio sfregiato. Sembra futile e capisco che "visto che tanto le bici le rubano" si voglia spendere poco per un mezzo da lasciare in strada, ma così facendo si alimenta il mercato dei furti e si è complici di chi le bci le ruba in prima persona.

mercoledì 15 aprile 2009

bici da supermercato... ma perché hanno il cambio?


Oggi mi è capitata in mano la pubblicità cartacea di un noto ipermercato massicciamente presente sul territorio italiano. Tra i tanti prodotti pubblicizzati spicca una bicicletta dal prezzo vantaggiosissimo. Per 65 euro vendono una bici completa di parafanghi, impianto luci, porta giornale, cavalletto, copricatena (tutte cose effettivamente molto utili in città) e un mitico cambio posteriore a 6 velocità che probabilmente è uno Shimano SIS.
Non ci vuole una grande esperienza in campo ciclistico per capire che per quel prezzo i componenti saranno di scarsa qualità, ma se è accettbile montare parafanghi, selle e copertoni economici non ha proprio nessun senso, per ovvie ragioni di sicurezza, avere dei v-brake con leve e braccetti in resina e un cambio scadente. Quest'ultimo in particolare è pietoso: cambia male, è duro da regolare e soprattutto, essendo tenuto in posizione dal dado che blocca il mozzo posteriore al telaio non sarà mai ben rigido. A me per esempio è capitato che in seguito a un po' d'acqua, dopo una pedalata moderatamente energica, il tutto si rigirasse attorno alla cassetta con conseguente inutilizzabiltà dell'intera bici.
La domanda che contiuo a pormi quando vedo in vendità certe oscenità è: ma perché su una bici economica non si montano componenti economici ma affidabili come una bella ruota libera monomarcia invece di sta robaccia? Anche perché il telaio è dotato di forcellini a scorrimento, quindi single speed ready! Ci sarebbero zero regolazioni da apportare, zero manutenzione, zero deragliatori che si sfilano e tanta facilità di guida da guadagnare. Ma evidentemente il mito della MUNTAN BAIK con cambio Shimano ha fatto breccia anche nella testa dell'acquirente medio e se una bici non ha il tagliaravioli non è da prendere in considerazione, nemmeno in pianura.

Consiglio: se volete prendere una bici come questa fatelo pure, ma togliete cambio e cassetta e sostituiteli con una ruota libera a una velocità, dopo aver rispaziato un pochetto il mozzo posteriore. La guarnitura credo sia da 42 quindi può andar bene un pignone da 18, da 20 per i pigri. Magari cambiate anche i freni con una coppia di v-brake decenti che per poche decine di euro vi garantiscono frenate sempre pronte e sicure.

giovedì 9 aprile 2009

LA ALLEYCAT - my review


Da buono sportivo mi sveglio per le 11 bestemmiando in aramaico contro la sveglia e dopo 3 quarti d'ora di robbosaggine mi alzo dal letto. La sera prima mi hanno trascinato in disco e nemmeno io so come ho fatto ad evitare di calarmi un coca e rum dietro l'altro con tutte quelle tipe che sembrava dicessero "baccagliami dai, che così ti mando a cagare tempo zero, sì?". Fatto sta che sono tornato a casa tardissimo ma lucido, quindi in forma per la pedalata milanese.
Faccio una colazione veloce, preparo lo zainetto con dentro casco, scarpe per spd (sì, sono uno dei pochi fissati che usa i pedali automatici) scendo in cantina, gonfio le gomme a 6 e parto per casa di cisco + lito che mi aspettano col mega jippone dove stanno comodamente 4 bici e 4 fissati + bagagli. Passiamo a pigliare salvatore e partiamo per Milàn (figa).
Viaggio comodo, breve tappa da ciclistica dove compro al volo 3 cosucce che a Torino sono introvabili peggio di una copia autografata di made in Japan(sivende torinesi, SVEGLIA!!!!!!!!!!!!!!!) e ci dirigiamo verso il luogo della partenza.
Lì becchiamo una 50ina di persone, quasi tutti fissati, iscrizione, spokes card, 1 2 3 pronti via!
Classica partenza alla Les Mans con corsa a piedi verso le bici lasciate sull'asfalto e manifest sorpresina... Un malefico cruciverba che all'inizio sembra incomprensibile, ma pian piano viene fuori. Alcune definizioni sono i nomi delle vie che costituiscono i checkpint e il numero della riga orizzontale o verticale è il numero civico... Paura! Formula originale e divertente, ma a mio avviso un po' troppo penalizzante per gli out of town.
Comunque partiamo e dopo un po' di indicazioni chieste a passanti e gente varia arriviamo al primo check point dove io mi calo una brioche comprata ad un baretto per uscire dalla crisi di fame che stava sopraggiungendo... Cazzo non avevo fatto pranzo!
Comunque schizziamo via a tutta verso il prossimo check che è in zona duomo. Per trovarlo chiedo ad un vigile delucidazioni e questo dopo avermi guardato malissimo per la serie di manovre che ho fatto per andare a beccarlo mi risponde correttamente. Ci spariamo uno stradone a tutta e a un certo punto mi sento chiamare da dietro dagli altri 3 torinesi perché ovviamente non stavo già più capendo un cazzo e avevo saltato di brutto il secondo check... Va be' torno indietro e piglio le altre indicazioni per completare sto maledetto cruciverba.
Partiamo a razzo e dopo poco cisco decide di testare un po' di meccanica galileiana contro un'automobile che ci taglia la strada senza se e senza ma... ma cazzo, brutto automobilista stordito, dove ce l'hai la testa? Come si fa a fare inversione a U senza vedere in pieno giorno col sole 4 (quattro, non uno) ciclisti che stanno arrivando nella direzione opposta alla tua? Io tra l'altro ho schivato la macchina di poco solo perché con gran culo ero abbastanza centrale in strada e sono riuscito a passarle dietro. Cisco era contro il marciapiede e non ha potuto fare altro che stamparsi sulla carrozzeria. Fortunatamente non ha riportato gravi danni fisici ma ha comunque sfasciato forka, telaio e qualche sfera del cuscnetto del mozzo anteriore.
Bella sfiga. Gara finita e attesa infinita per l'arrivo della pattuglia dei civic (anzi i ghisa come li chiamano laggiù).
Io e lito ce ne torniamo a prendere la macchina per passare a raccatare gli altri 2 e ritorniamo a Turìn (nè) con il morale non proprio a terra ma quasi... diciamo ad altezza movimento centrale.

Per me era la seconda alleycat, ma la prima out of town, quindi mi dispiace un casino non aver potuto terminare il giro. E va be', vorrà dire che Torino porterà alti i propri colori in quel di Bologna.

P.S. photo by parkh's
... non so se mi autorizza la pubblicazione di sta foto ma appena mi arriva una querela giuro che la levo eh!

mercoledì 18 febbraio 2009

Mountain bike e fango


Sebbene la temperatura dia pochissimi segni di rialzo in base al calendario l'inverno sta finendo. Le abbondanti nevicate hanno però lasciato un segno tangibile della loro presenza su strade sterrate e single track: fango, tanto fango. Mai come quest'anno mi sono trovato a sguazzare nella melma e talvolta pure nella neve con la mia mountain bike, ma mai come quest'anno sono stato così a mio agio. Ciò è dovuto ad alcuni fattori.
  1. Single speed - Prima ho sempre avuto biciclette dotate di trasmissione convenzionale con la classica tripla all'anteriore e cassetta da 9 velocità al posteriore con i relativi deragliatori. La trasmissione che c'è sulla stragrande maggioranza delle mtb è derivata direttamente dai modelli da strada e garantisce un'ottima efficienza a discapito di un comportamento non molto adatto al fuoristrada "sporco" che si fa d'inverno. Il cambio smette di cambiare, sgrana e diventa tutto più frenato. In single speed tutto ciò semplicemente non esiste e si continua a pedalare in scioltezza anche nei pantani più terribili.
  2. Parafanghi - Quando il suolo è sporco o bagnato è indispensabile avere qualcosa che ci protegga dal lerciume che le ruote tirano addosso al ciclista. Soprattutto posteriormente un parafango di plasticaccia da pochi euro acquistabile in qualunque supermercato permette di tenere asciutto il sedere e la borsa sottosella. Anteriormente i problema è meno grave in quanto gran parte del fango schizza sotto al telaio senza dare troppo fastidio. Ho comunque deciso di montare una piccola appendice di plastica sotto il tubo obliquo per dare un po' più di protezione. Il numero di schizzi che arrivano fino in faccia è drasticamente diminuito ma non è completamente azzerato. Sicuramente funziona meglio un modello da attaccare alla forcella per proteggere anche in curva, ma la mia purtroppo non aveva agganci adatti.
  3. Bici rigida - Il fango è un grosso nemico per gli o-ring e gli steli super lisci delle sospensioni e per evitare di logorare inutilmente queste costose parti è consigliabile lavare dopo ogni uscita il proprio mezzo. Purtroppo non sempre si ha un tubo dell'acqua o un autolavaggio a disposizione sotto casa e si rischia di lasciar cementare per bene tutta la pauta caricata durante il giro. Inoltre d'inverno si percorrono per lo più percorsi pianeggianti dove non serve una grande capacità ammortizzante. Meglio una bella forcella rigida che non ha bisogno di manutenzione, è sempre pronta all'uso ed ha anche molto spazio tra ruota e foderi per evitare sfregamenti vari anche montando gomme di sezione generosa.
  4. Freni a disco - Semplicemente il disco è più alto e quindi meglio riparato dalla sporcizia. Attraversare un ruscello non comporta più quell'effetto di frenata a scatti negli istanti successivi al guado che si sperimentava coi vecchi freni a pattino. È anche assente l'effetto "nido di rondine attorno ai pattini del freno": in condizioni estreme la ruota smette completamente di girare e ci si deve costantemente fermare per rimuovere gli ammassi di fango, foglie ed erba. L'unica nota negativa è che la bici che vedete in foto monta ancora pastiglie organiche che in caso di disco bagnato sono molto meno efficaci di quelle semi metalliche... ma prima di cambiarle aspetterei di finirle!