domenica 20 febbraio 2011

Torino Shot Race report

imagebam.com
Ho cominciato la giornata di sabato in cantina mettendo alla frusta il dremel tarocco comprato da Bennet per modificare una corona in modo che entrasse nella mia guarnitura. Volevo mettere un dentino in più per allungare un po' il rapporto ed evitare di frullare troppo sul veloce. Scelta tutto sommato azzeccata. Con la bici opportunamente modificata, vestito in modo super tecnico con fuseaux in lycra e scarpe racing e con lo stomaco che fa i capricci mi avvio verso il luogo della partenza e noto che la gamba non è proprio delle migliori, ma pazienza ormai siamo in ballo e quindi balliamo.
Arrivo sul punto del ritrovo e mi immergo nell'atmosfera festosa del pre gara con la solita sfilata di bici di tutti i tipi: pista, strada, conversioni, gioiellini, catorci, mtb, etc... insomma il paradiso per un appassionato. Si cazzeggia, si girucchia da soli o in gruppetti, ci si scalda, iscrizione, spoke card, briefing, 1, 2, 3 pronti via!
La formula scelta dagli organizzatori quest'anno prevede una gara a punti con tanti checkpoint di diverso valore sparsi in giro per la città e situati in parchi / giardinetti. Uno solo di questi è obbligatorio: gli altri possono anche essere saltati senza invalidare la gara, ma va da sé che più se ne chiudono e più si sale in classifica, soprattutto per i 2 checkpoint periferici che valgono da soli come 3 o 4 degli altri sommati. Il tutto da compiere in un tempo massimo di 2 ore.
Preso in mano il manifest noto con dispiacere che conosco solo 1 indirizzo dei ben 10 checkpoint segnati... panico! Per fortuna che sono con 2 altri ragazzi che mi danno delle indispensabili dritte e pian piano ci facciamo un'idea di come organizzare il percorso. Rispetto ad altri corridori impieghiamo molto più tempo a cercare i luoghi sulle cartine e, a conti fatti, direi che si è rivelata una mossa vincente, soprattutto in una gara dove una buona pianificazione era fondamentale.
Partiamo (punto giallo) e dopo pochi metri uno dei miei due compagni d'avventura si sdraia a pelle di leone uscendo da una curvetta erbosa. Fortunatamente è illeso e possiamo partire alla volta del primo check (punti blu) dove maximiglio timbra il manifest e via. La gamba non è il massimo, ma tutto sommato in pianura resisto. Per il secondo check saliamo verso il monte dei cappuccini (anche se potevamo farne a meno) e sono veramente inchiodato, tanto che scendo dalla bici e spingo. Al secondo check becchiamo Aldone che ci sprona a spingere e si riparte. Abbozziamo in 3 una sorta di trenino aerodinamico su corso Moncalieri e ci dirigiamo verso il check del ponte Isabella... si ma dove? Boh. Io e i miei 2 compari ci sparpagliamo e io mi sento chiamare dal basso, quasi sotto il ponte (di fianco al finto sottomarino che non ho mai capito a cosa serva / cosa sia / perché l'abbiano messo lì) da Naos. Così mi precipito da lui a checkare facendomi disegnare 2 favolosi baffi da hipster col pennarello e noto che sono rimasto solo. Aspetterei volentieri i miei compagni di fuga che mi hanno dato un aiuto essenziale per i primi checkpoint, ma il tempo è tiranno e decido di proseguire in solitaria. Così risalgo verso la superficie e percorro corso Bramante con le gambe che giravano così, giusto per noia. Sofferenza sul cavalcavia della ferrovia e subito svolta a sinistra lungo via Giordano Bruno dove continuo a voltarmi temendo che qualcuno mi insegua, ma niente. Arrivo al primo check periferico da millemila punti che sta grosso modo al mausoleo della Bela Rosin. Incrocio altri concorrenti e mi fiondo su corso Unione Sovietica dove, rispettando scrupolosamente tutti i tempi semaforici, giungo fino a piazzale Caio Mario per imboccare corso Agnelli. Ora c'è da affrontare il chekcpoint obbligatorio (punto nero) che voci di corridoio (sempre i primi compagni di fuga ormai volatilizzatisi) davano in zona Santa Rita. Lo cerco un secondo sulla carta e mi lancio in una folle corsa su Corso Agnelli con le gambe che pian piano stanno iniziando a girare. Passo di fianco allo Stadio infilandomi con nonchalance nel corso libero e tappato dalle macchine dei vigili che per fortuna avevano altro a cui pensare che a un ciclista fisso in evidente agitazione agonistica. Fatto sta che proseguo quasi fino a largo orbassano e taglio a sinistra verso via Tirpoli e poi corso Tirreno dove dopo un paio di tentativi giungo al check obbligatorio. C'è da fare una prova: bere uno shot di vodka o di succo di pomodoro.e farsi legare addosso un pacco vuoto (WTF?). Comunque ho optato per il pomodoro che tra l'altro mi piace anche parecchio. Ora inizio a valutare cosa riesco a fare... di tempo ce n'è ancora, ma anche la strada è tanta. Decido di buttarmi all'altro checkpoint periferico che si trova al confine tra Collegno e Torino. Quindi parto in direzione ovest costeggiando la ferrovia e andando oltre le Gru. Cavalcavia, altro cavalcavia e finalmente la gamba c'è. Siamo in via Thures e Lito mi timbra il manifest. Ora come dicono i new found glory fino all'arrivo è quasi tutta discesa e mi lancio giù da corso Francia (sempre rispettando meticolosamente i semafori e il codice della strada come tutti noi che corriamo queste garette abbiamo l'abitudine di fare) per poi girare a sinistra in corso Marche e prendere la scia di un provvidenziale camioncino frigorifero che mi ha tagliato l'aria per mezzo kilometro abbondante. Giro verso destra in direzione pellerina e, chiedendo a un paio di passanti che mi indicano con precisione picometrica l'ubicazione di sta famosa via Bellardi, raggiungo il check che prevede una prova extra: fare canestro con un tiro. E se sbaglio? "Tu tira!" mi intima il chekcpointaro. Io a basket sono una pippa astronomica, ma cerco di ricordare tutti le nozioni insegnatemi dai campioni che frequentano i campetti di Bardonecchia. Quindi mano d'appoggio, mano di spinta svuotamento dei polmoni e tiro. La palla rimbalza pericolosamente sul ferro, ma alla fine entra. Il check mi vale un punto in più, bella lì. Preso bene per la sturia mi viene in mente questo video e mi allontano cantando gli hammerfall. Ora devo decidere se fare ancora tutti i check rimanenti o tagliare quello più a nord; intanto scendo per via Nicomede Bianchi, chissà se Ovidiu mi ha visto passare... Arrivo in corso Lecce e giro a sinistra: fanculo, ci provo, anche se non sono bene sicuro di dove sia sta via Saorgio, quindi ci arrivo nel modo non proprio più rapido e fermandomi un paio di volte a guardare la carta. Timbro e parto con una borsina in regalo; ce n'erano ancora un sacco, deduco che ci siano passati in pochi da sto check. Entro in via Stradella dove un idiota per fare una manovra totalmente inutile mi costringe a una frenatina di emergenza con saltellamento posteriore. Insulti e colpi di clacson di risposta e lo lascio fermo in coda come un coglione. Arrivato in corso Principe Oddone, temendo lavori invadenti, non oso percorrerlo per giungere al penultimo checkpoint e opto per via Cigna che è una coda continua di macchine piantate. Scelta dubbia: probabilmente in bici ci passavo, ma non ho voluto rischiare. Comunque arrivo a destinazione, timbro quindi anche a questo check di via Biella e mi fiondo verso il centro percorrendo un micro tratto di corso Regina, rondò d'la furca, corso Valdocco e poi a sinistra in via Cernaia in direzione via San Francesco da Paola. Mancano 15 minuti scarsi allo scadere del tempo massimo. Arrivo anche all'ultimo checkpoint che non ho nemmeno ben capito cosa fosse tanto ero assatanato e infilo via Po ballando un po' di samba sul pavè affrontato a velocità di curvatura. Qualche urlaccio a gente che cercava di tagliarmi la strada in piazza Vittorio, svolta a sinistra e arrivo al parco Michelotti (punto verde) dopo essermi fatto tutti i check e 5 minuti scarsi allo scadere del tempo massimo. Pare che prima di me nessuno sia arrivato col manifest completo e quindi ho vinto.
Solita festa casinara after race, un sacco di premi e il rischio, tornando a casa a velocità lumaca a gara finita, di stamparmi sul lunotto posteriore di una clio guidata da un genio che ha deciso di uscire da un passo carrabile in retro senza guardare e parlando al telfonino. Non mi ha nemmeno dato la soddisfazione di ascoltare le cose che gli ho detto, che maleducato.