giovedì 18 dicembre 2014

Vietiamo i mozzi ISO perché sono pericolosi.


Oggi voglio raccontare una storia di ciclomeccanica, aule di tribunale e risarcimenti.

Come tutti sappiamo, i mozzi pista tradizionali sono costituiti da una filettatura principale su cui si avvita il pignone e da un'altra filettatura, più piccola e in verso contrario su cui si avvita l'anello di tenuta detto anche lockring. In trazione il pignone cercherà di avvitarsi sulla sua filettatura e in frenata tenderà a svitarsi agendo però sull'anello di tenuta che a sua volta si avviterà sulla sua filettatura. Quindi il sistema sembra ben studiato per resistere alle sollecitazioni della guida e infatti è così finché un mozzo del genere viene usato in un velodromo o in qualsiasi altra occasione in cui non è prevista la skiddata. Già, perché con la skiddata si applica una coppia molto forte sul pignone e sull'anello di tenuta e spesso capita che una delle 2 filettature in gioco non regga lo sforzo e finisca per spaccarsi con conseguente danno al mozzo. Così un giorno qualche astuto meccanico di bici con una spiccata vena creativa decise di praticare 6 fori su un pignone tradizionale e montarlo su un mozzo anteriore per freno a disco ISO con asse e battuta modificata per una trasmissione da pista e magicamente tutti i problemi di mozzi sfilettati sparirono. I fissati poterono tornare a fare le loro scorribande notturne tra mojito e skiddate selvagge e ci sembrava di essere tornati nel 2008 (anno di apertura di questo blog - n.d.r).
Purtroppo però in tutte le storie a lieto fine ci deve essere sempre qualche ombra e anche qui non mancarono le disgrazie. Infatti, dopo l'installazione di tanti mozzi ISO modificati, un ingegnere meccanico con la passione per le biciclette portò all'attenzione della stampa specializzata un'inquietante correlazione tra i mozzi disco e la rottura del cannotto della forcella con conseguente caduta rovinosa e nei casi più gravi morte del ciclista in sella alla bici. La comunità ciclistica mondiale inizio a farsi delle domande e mentre si cercava di inquadrare il problema per affrontarlo in modo serio e scientifico i ciclisti più tradizionalisti - quelli che ancora oggi ti vengono a raccontare che tubeless, freni a disco e sospensioni non servono a niente - iniziarono a invadere il web di correlazioni tra mozzi ISO e forcelle spezzate. Così molti ciclisti che usavano il loro mozzo ISO con successo e non sembravano intenzionati a lasciarlo, vietarono categoricamente di usare mozzi ISO sulla loro prima fissa ai loro figli e questi non di rado si scontrarono col problema dei mozzi sfilettati, nonostante sembrava una tematica vecchia e superata.
La comunità ciclistica mondiale però non stette ferma e dopo anni di studi e approfondimenti dichiarò che non c'era alcuna relazione tra mozzi ISO e forke rotte e che i casi di incidenti erano tutti dovuti a fattori esterni. Nello specifico si trattò di montaggi fatti male, materiale difettoso, ubriachezza o semplicemente sfiga. La stampa specializzata di conseguenza aggiornò gli articoli dove si dava credito a teorie farlocche e stampò a lettere cubitali e in colore rosso la parola "RETRACTED" per far capire anche al lettore più disattento che si trattava di informazioni errate su cui non si poteva né doveva fare affidamento.
Quindi tutto OK, possiamo usare tranquilli i nostri mozzi ISO? Certo che possiamo, ma l'ignoranza dei ciclisti tradizionalisti non ha permesso alla loro sete di sparare minchiate di placarsi. E quindi tutt'oggi continuiamo a leggere blog di pazzoidi sciroccati che dicono che il complotto di Big Forka vuole insabbiare tutto e per perseguire i propri interessi economici se ne frega della salute delle persone. Purtroppo questa manica di idioti fa proseliti e in alcuni casi trova pure appoggio nelle aule di tribunale. Infatti recentemente una famiglia che ha visto il figlio schiantarsi contro un albero ha dato la colpa al mozzo ISO della sua fissa e si è vista dar ragione da un giudice ricevendo anche un cospicuo risarcimento economico.

Quello che ho appena raccontato sembra fantascienza vero? Sbagliato. Proviamo a sostituire "mozzo sfilettato" col nome di una qualsiasi malattia mortale fino a un secolo fa e oggi debellata coi progressi della medicina. Proviamo a sostituire "ingegnere meccanico" con "Andrew Wakefield". Proviamo a sostituire "stampa specializzata" con "The Lancet". Proviamo a sostituire "ciclisti tradizionalisti" con "complottisti". Ancora niente?

Sto chiaramente metaforizzando l'immensa bufala complottarda che vede una correlazione tra vaccini e autismo. Ed è anche recente lo sbarco in tribunale con vittoria complottarda.



E infine un video per farci 2 risate amare...

giovedì 23 ottobre 2014

STØRM - Lap Dancer



E così alla fine, a furia di scrivere cazzate sul web e aiutare gente a caso a montare le bici, è andata a finire che mi sono beccato una specie di sponsorizzazione / collaudo da parte di una freschissima azienda italiana che si è lanciata nella vendita di telai. Sto parlando della Storm Cycles che ha presentato i suoi prototipi alla scorsa Red hook Criterium 2014 a Milano. Il modello che mi sono beccato io è il Lap Dancer: una belva appositamente progettata per le criterium a scatto fisso che danza tra le curve giro dopo giro.



Il telaio è un bellissimo alluminio fatto in italia, rigido in accelerazione e preciso in curva. Il peso, nonostante le prestazioni e nonostante non sia una priorità di questa disciplina, rimane abbastanza contenuto. Il reggisella integrato è una menata infinita quando c'è da montare correttamente la sella alla giusta altezza, ma il feeling nella guida risulta migliore di qualsiasi altra bici abbia provato fino ad oggi. Insomma voi godrete, ma il vostro meccanico sucherà duro.



Lo sterzo è giustamente conico e la forcella è completamente in carbonio, necessita degli attrezzi giusti per tagliarla, ma si comporta bene e pesa poco. I puristi storceranno il naso per il foro del freno, ma questa bici è un prototipo e monta soluzioni che potrebbero essere provvisorie. A me comunque va solo bene perché non mi sono mai piaciute le forcelle da pista, le trovo troppo incazzate.


Il reparto trasmissione è affidato a un economico ma efficace mozzo novatech rimarchiato on-one e a una guarnitura Shimano Ultegra da strada che con la sua linea catena da 41 mm per la corona interna è perfetta su una bici da pista. Ho scelto delle pedivelle da 172.5 mm perché 1 sono alto e 2 il movimento centrale di questa bici è parecchio distante dal suolo ed è impossibile toccare coi pedali anche nelle peggiori pieghe. Poi se la usa lui una guarnitura strada per girare in pista, direi che posso farlo anch'io.



Il controllo del mezzo avviene grazie a uno stem 3T Arx pro e a una piega Easton EA50, entrambi in alluminio.



Sì, lo so, ho nastrato asimmetricamente...



Le ruote sono un ibrido strada / pista con cerchi Alex Rims Pro 28 a 24 raggi sfinati 2.0-1.8-2.0 incrociati in seconda su mozzi Novatec e kore. L'anteriore è da strada per mere questioni di praticità nel montaggio. Copertoncini Schwalbe Ultremo da 23, splendidi.




La verniciatura di questi bolidi è stata affidata ai ragazzi di krokodil customs.





Non ho ancora idea di quanto costerà al pubblico un telaio del genere, ma sicuramente sarà più caro dei vari prodotti taiwanesi a basso costo e forse anche dei concorrenti di alcuni noti marchi italiani e non. Quello che però è sicuro è che la qualità si paga e questo è un telaio di altissima gamma. Sono stato, e sono tuttora, un felice proprietario di un Dolan Pre Cursa, anche lui in alluminio e anche lui montato con componenti molto simili se non prprio identici. Be' il confronto è stato spiazzante. Dove il Dolan flette lo Storm rimane granitico, dove il Dolan ha delle imperfezioni (storica la sbavatura nell'alluminio della sede della serie sterzo che ho dovuto limare) lo Storm è pulito. Stesso discorso a livello di prestazioni: preciso, agile e veloce. Insomma, una lama. L'unica cosa che rimpiango del Dolan sono le saldature a vista. Non mi sono mai piaciute le limature, trovo che sia bello vedere il salamino del tig per poter apprezzare la precisione del telaista. Spero che nelle versioni di serie il costruttore si ravveda e opti per una scelta meno fighetta e più ignorante.


La gamma della Storm Cycles prevede altri due modelli: un pista più economico e meno orientato alle criterium e un telaio da città con i foderi posteriori saldati tipo GT, sloping ignorantissimo e tanta voglia di alleycat.

http://www.stormcycles.it
https://www.facebook.com/stormcyclesitaly
http://www.instagram.com/stormcycles

martedì 30 settembre 2014

Barcellona



In occasione della Red Hook Criterium sono andato a farmi un week end nella capitale catalana. Tralasciando volutamente la mia prestazione barbina in gara, mi piacerebbe soffermarmi sulla ciclabilità di una simile metropoli, sui suoi servizi e sulla percezione bike friendly che mi hanno dato gli utenti della strada.

Innanzitutto un breve cenno altimetrico: Barcellona è mediamente pianeggiante nella zona costiera per impennarsi sempre di più a ridosso delle collina che ospita il luna park del monte Tibidabo. Non mancano poi all'interno della città delle asperità modeste con pendenze importanti ma brevi.
Il mezzo con cui giravo era la classica bici da pista che per l'occasione era stata privata dell'impianto frenante. Rapporto 47:15. Col senno di poi avrei optato per qualcos'altro, magari una fissa frenata e con rapporto più agile di un paio di denti sul pignone o addirittura una ruota libera e 2 freni. Tuttavia, nonostante la bici un po' sbagliata e i saliscendi ho trovato la città mediamente molto ciclabile e fruibile sotto tanti aspetti.

Partiamo dalle strade. Asfalto liscio ma col giusto grip, corsie larghe, segnaletica chiara e un discreto numero di piste ciclabili quasi sempre separate dalle altre corsie e disegnate con criterio. Nelle ciclabili appunto c'è spazio sufficiente per transitare in sicurezza, si è sempre ben visibili nei confronti degli altri utenti della strada e soprattutto non ho trovato un solo pedone che sia uno né un'auto o una moto parcheggiata né cani al guinzaglio o altri invasori molesti. Ma la cosa più furba in assoluto è la suddivisione dei grossi corsi a più corsie tra mezzi pubblici, mezzi a motore e piste ciclabili. La soluzione che pare andasse per la maggiore per i viali a 6 corsie è dedicare 4 corsie ai mezzi a motore (2 per verso), una corsia ai mezzi pubblici in un verso e una corsia alla pista ciclabile a doppio senso nel verso opposto. Perché non riusciamo a farlo anche in Italia? Ah certo, non ho considerato una massa di primati semianalfabeti che inizierebbe a sbraitare che è una manovra da ecologisti che penalizza i poveri lavoratori costretti ad usare la macchina per portare a casa la pagnotta e che la bici va bene per farsi il giro la domenica nel parco.





La gradevolezza delle mie pedalate catalane era in gran parte dovuta all'educazione e al rispetto degli automobilisti nei miei confronti. Per fare un esempio pratico basti dire che là il peggiore degli zarri lampadati con la macchina truccata e il braccio fuori dal finestrino è mediamente molto più rispettoso e meno impaziente di un qualsiasi padre di famiglia italico di quelli che pigiano a 100 all'ora per portare i figli a scuola a un kilometro da casa. Ovviamente il codice della strada vale per tutti e se giochi a MASH SF può capitare che la madama ti pinzi per multarti anche se sei in bici.


Ah, in tutto questo bendidio non mi è mai capitato, se non in situazioni di concentrazione disumana di ciclisti, di dover legare la bici a un palo o ad altri agganci di fortuna: Barcellona è disseminata di rastrelliere fatte abbastanza bene che, oltre a essere utili, minimizzano il degrado urbano delle bici bloccate su qualsiasi cosa agganciabile da un lucchetto.

Infine per chi non se la sentisse di usare l'ottima rete di trasporti pubblici di Barcellona, esiste anche un servizio di bike sharing. In questo caso l'opinione che posso dare è sulla carta, anzi sulla foto digitale che ho fatto alle bici parcheggiate nelle stazioni perché non ho avuto tempo di salire in sella a una delle tante biciclette rosse condivise. Un giudizio sintetico? Ben fatto. Le biclettine hanno ruote a dimensione differenziata per l'anteriore da 20" (credo) e 24" (di nuovo a occhio) posteriore. I freni sono a tamburo posteriore e a tamburo o a v-brake per l'anteriore. Il cambio è nel mozzo posteriore e ci sono dei bei parafanghi integrali e un carter per la catena, tutto molto ben coprente e protettivo. Il portapacchi anteriore è tutt'uno col manubrio, molto robusto e ospita un voluminoso fanale anch'esso corazzato che sembra preso in prestito da un safari africano. Il fanale posteriore è integrato nel telaio al nodo di sella, tutto alimentato dall'alternatore presente nel mozzo anteriore.
Il quadro che esce con queste specifiche tecniche è quello di una bici appositamente progettata per essere robusta, sempre affidabile e resistentissima agli agenti atmosferici. la ciliegina sulla torta forse sarebbe stata una trasmissione ad albero cardanico, ma niente è perfetto. Lascio ai maligni l'onere di fare un paragone con quei rottami di city bike da supermercato sempre sfasciate e sbloccabili in numero illimitato che mette a disposizione ToBike in quel di Torino.


Insomma, sono stato in una metropoli avanti anni luce rispetto alle nostre e la cosa più sorprendente è che non fossimo nel tanto idolatrato nord europa, ma in un paese che tradizionalmente e culturalmente è molto simile al nostro. La sola differenza è che da noi le cose si fanno come sempre a membro canino senza valutare conseguenze a lungo termine. Da tornarci assolutamente.

lunedì 28 aprile 2014

On-One Pompino: nome infelice per una bicicletta super divertente

La scusa che trovo per comprarmi una nuova bici è sempre la stessa: ho parecchi pezzi che stanno in garage a prendere polvere e mi manca solo un telaio per montarceli sopra e poterli usare. Così lo scorso settembre, giusto in tempo per la prima garetta di ciclocross, mi sono fatto l'ennesima bici monovelocità.
Il telaio e la forcella sono in acciaio al cr-mo di fabbricazione taiwanese e commercializzati On-One, sotto marca dedicata al fuoristrada di un'affermata azienda inglese che risponde al nome di Planet X Bikes. Il modello è il ben noto telaio da ciclocross single speed che si chiama come quella cosa che tanto piace a noi maschietti quando torniamo a casa dopo una gita in bici... e non sto parlando di una pinta di birra ghiacciata. Il pezzaccio di ferro presenta saldature curate, una verniciatura resistente e una cura complessiva nei dettagli che si direbbe prerogativa di telai ben più costosi. Ho optato per la taglia XL su cui sto abbastanza comodo col mio metro e novanta, anche se il fuorisella e la quantità di spessori sopra la serie sterzo mi suggeriscono che forse è un filo piccolo. Comunque ci ho già fatto 160 km in una botta sola e non sono morto di dolori articolari, quindi non mi lamento.
Nella guida mi ha piacevolmente stupito. Era da tempo che non usavo seriamente una bella bici tutta d'acciaio e anche io affermo con orgoglio che "steel is real". Le asperità vengono ben filtrate senza accanirsi su schiena e polsi mentre quando c'è da scaricare la potenza della pedalata sulla trasmissione non si avvertono flessioni indesiderate e la bici scatta in avanti come ci si aspetta. Dopo anni di alluminio mi sono ri-innamorato dell'acciaio e potrei farci un pensierino per una futura bici da strada.
La trasmissione è single speed con rapporto 39:18 per cercare di fare un po' di tutto, anche se usandolo non l'ho trovato poi così versatile. È vero che con questa combinazione di corona e pignone sono riuscito a muovermi in città, in ambito extraurbano e a fare qualche garetta di ciclocross insieme a gente col cambio senza troppo sfigurare, ma per essere competitivi ci starebbe un dente in più sulla ruota libera in fuoristrada e uno in meno su asfalto.
 
La guarnitura è una Shimano Tiagra con giro bulloni 130 e pedivelle da 175 mm. La cosa gradevole è che usando la corona interna si ottiene una perfetta linea catena con mozzi da pista, nel mio caso dei Novatec.
Le ruote sono composte appunto da mozzi Novatec, 28 raggi DT competition radiali davanti e in terza dietro montati su cerchi DT R520.
L'impianto frenante consiste di una coppia di mini v-brake della tektro azionati da leve strada Shimano e una coppia di levette supplementari ai lati dell'attacco manubrio che ho trovato estrememente comode nei ripidini dei circuiti da ciclocross e nella guida in città quando c'è da stare un po' più alti per avere una visione migliore sul traffico se c'è da impegnare un incrocio o anche solo in caso di guida rilassata.
Se qualcuno si sta chiedendo come mai il telaio e la forcella non siano dello stesso colore, la risposta è molto semplice: la forcella era un pezzo invenduto di qualche anno fa e costava meno di quelle dello stesso colore del telaio. Rischiando di fare come la volpe con l'uva mi sbilancio nel dire che l'accostamento cromatico mi garba parecchio.
Con un paio di luci a led il Pompino diventa una splendida commuter più versatile di una fissa e comoda quasi come una passeggiona.





lunedì 27 gennaio 2014

Perché non gioco più a polo

Cos'era il polo qualche anno fa quando scoppiò la moda dello scatto fisso? Succedeva che le sere che si andavano a fare le scorribande per la città con le nostre belle bici a scatto fisso tra una birretta e l'altra si tiravano fuori le mazze, 4 birilli per fare le porte e ci si divertiva a dare 2 colpi a una pallina di gomma. Il tutto si faceva con le stesse bici che si usavano per girare in città, magari non le più bling bling perché c'era il rischio di rovinare qualche pezzo. Il livello di gioco era basso, ma ci si divertiva. Poi, come tutte le cose, sono arrivati i fenomeni che dovevano alzare il livello della competizione e hanno introdotto nella scena le biciclettine carro armato, le finte lenticolari per proteggere i raggi, i rapportini ridicoli, gli schinieri e i caschi integrali. Risultato? Giocare con una bici normale insieme a cavallieri medievali vestiti di tutto punto equivaleva nella migliore delle ipotesi a non essere competitivi o, nella peggiore, a farsi male o spaccare la bici. A questo aggiungo anche che una bicicletta concepita per il polo su strada non è utilizzabile e obbliga a coprire lo spostamento casa-campo da polo con un'automobile mandando all'aria uno degli aspetti più divertenti del ciclismo: gli allenamenti iniziano appena si scende in strada e terminano quando si torna a casa, tutto senza usare altri mezzi di trasporto. Io sono dell'idea che se devo conciamri come mazinga zeta e prendere la macchina, tanto vale andare in bike park a fare free ride che mi diverto di più.
La mia mazza da polo è appesa in garage da anni a prendere polvere e per ora mi va bene così.

venerdì 3 gennaio 2014

Anno nuovo biga nuova.


In che direzione sta andando il mercato delle bici? lo scorso settembre sono stato alla fiera di Padova e mi piacerebbe mettere giù 2 righe sulle impressioni positive e negative che ho avuto guardando le bici e i componenti esposti. Andiamo di elenco casuale di punti significativi con relativa riflessione.

freni a disco su strada
Ogni casa che si rispetti propone una bici da strada di alta gamma con i freni a disco. Alcuni ad azionamento meccanico e altri completamente idraulici. Sram, potendo contare sull'esperienza dei suoi freni a disco da strada meccanici BB5 e BB7 che hanno spopolato per anni tra i pionieri del disco stradale, la fa da padrona incontrastata nelle soluzioni after market e negli upgrade. E sempre Sram primeggia nel primo montaggio offrendo il gruppo completo e i dischi idraulici. Anche shimano ha a catalogo soluzioni analoghe, ma è entrata nel mercato con meno aggressività e a memoria ricordo solo una bici in tutto il salone a montare dischi idraulici della casa giapponese. Formula, che io sappia, è presente solo su alcuni modelli della Colnago e non so se sia disponibile come after market, peccato. Mi sarebbe piaciuto vedere una realtà made in Italy su più biciclette, ma temo che su strada per vendere in grandi numeri sia necessario fornire insieme al freno anche un cambio da abbinarci con comando integrato nella leva.
Dopo questa breve introduzione veniamo ai giudizi. Parlando con gli appassionati e leggendo i commenti sui forum e i social network emerge che sti dischi non piacciono a nessuno. Pesano, sono anti aerodinamici e la loro utilità su strada è tutta da dimostrare. Tutto vero e aggiungo pure che coi dischi non si possono raggiare le ruote anteriori radiali. Ogni cosa ha i suoi difetti, ma ha anche i suoi pregi. Mettiamoci bene in testa una cosa: i freni a pattino sul cerchio fanno schifo, soprattutto sul bagnato e soprattutto con una pinza da strada. Ancora peggio se abbiamo un cerchio in carbonio e pattini in sughero. Quella volta che mi ha sosrpreso un acquazzone estivo sulla discesa del Galibier avrei tanto voluto avere dei dischi perché a ogni tornante vedevo la morte in faccia. E poi, sempre per stare sul carbonio, i dischi potrebbero finalmente rendere sicuri i cerchi per copertoncino che ancora troppo spesso si rompono sulla zona periferica nelle discese che surriscaldano la pista frenante obbligando chi vuole usare questo splendido materiale a scegliere i tubolari. Il mio sogno è una coppia di ruote da strada con cerchio in carbonio, copertoncino tubeless e freno a disco. Spero di averle presto.
L'unica cosa che non ho gradito delle bdc con freni a disco è la scelta di montare un misero dischetto da 140 al posteriore. Mi sta bene per un CX dove le discese sono ridicole, ma mi spaventa giù dai passi alpini con migliaia di metri di dislivello negativo.

bici da gravel
Non è che siano sta gran novità: si tratta essenzialmente di telai da CX montati in modo "furbo" con portaborraccia e attacchi per parafanghi e portapacchi per consentire un utilizzo a 360 gradi che va al di là di un anello fangoso fettucciato per 50 minuti + 1 giro. Si adattano molto bene agli spostamenti urbani veloci. Se poi ci mettiamo pure 2 freni a disco abbiamo fatto la bici definitiva per fare quasi tutto: strada, fuoristrada e città. Bene anche i monstercross.

bici a pedalata assistita
Sarò breve e talebano. Perfette per i vecchietti che non ce la fanno a pedalare. Ma una persona sana se non ha voglia di faticare che se ne stia a casa. Piuttosto che prendermi una mtb elettrica da 5k € mi compro un CR 250 a 2 tempi e faccio mangiare polvere al mondo.

584 mm
Le ruote andrebbero misurate in millimetri. Sarebbe l'unica vera soluzione per capire di che cerchio o pneupatico stiamo parlando. Eppure alla gente piace complicarsi la vita e quindi parliamo di 27.5" anche dette 650B. Nuovo formato di ruote per mtb che sta a metà tra il vecchio 26" e il recente 29". Quando pochi anni fa il 29" stava finalmente prendendo piede in modo massiccio, il 27.5" sembrava uno standard nato morto: nessuna bici completa, coperture e cerchi quasi introvabili anche su internet. Non ci avrei scommesso un soldo bucato... E invece da un paio d'anni sembra che sia l'unica misura seria su cui puntare. Io dall'alto della mia vertiginosa statura di un metro e 90 cm non credo che mai tornerò indietro a ruote più piccole di un 29", ma può darsi che abbia il suo perché. I maligni dicevano che non prendeva i vantaggi né del 26" né del 29" ereditando invece i difetti di entrambi gli standard. Adesso i fan sostengono l'esatto contrario, vedremo...
Quello che è certo è che le aziende stanno puntando tutto su queste ruote tanto da aver tolto dal catalogo quasi tutte le 26" che sembrano tenere solo più nei settori spiccatamente gravity.

scatto fisso
Sconforto e disagio. Molti produttori esponevano biciclette col pignone fisso ma non ne ho vista manco una che non montasse un maledetto e improponibile mozzo filettato. È uno standard vecchio che mostra tutti i suoi limiti in fatto di difficoltà di montaggio-smontaggio e a livello di robustezza. In pista è ancora tollerabile, ma su strada, soprattutto in ambito cittadino, il filetto e la ghiera di tenuta non sono in grado di reggere le sollecitazioni delle skiddate e prima o poi cedono. Ne ho visti tanti di sfilettati, non capisco cosa ci voglia a montare dei mozzi ISO con pignone a 6 fori o addirittura un millerighe tipo Victoire che permette di andare giù col numero di denti. Non oso pensare cosa sarebbe successo se Miche, con la sua posizione dominante nella componentistica da fissa, avesse prodotto nel 2009 un mozzo che montava il proprio pignone direttamente sul mozzo senza passare dal carrier filettato. Il giorno che qualcuno produrrà in massa una fissa completa equipaggiata di primo montaggio con un mozzo non sfilettabile si prenderà tutto il mercato. Fino ad allora le fisse rimarranno quella biciclettina colorata e senza freni che usano i ragazzi per andare all'aperitivo. Sempre più sconforto e sempre più disagio.

trasmissioni alternative
Era molto presente in fiera un cambio compatto a ingranaggi in zona movimento centrale della Pinion. Mi piace l'idea di togliere tutto il casino meccanico dal mozzo posteriore, ma mi piace un po' meno dover avere un telaio fuori standard ed essere obbligato ad usare la guarnitura della stessa marca del cambio. Sarebbe interessante vedere un confronto tra questo cambio e un noto Rohloff al mozzo in termini di potenza assorbita e range di rapporti.
Vorrei anche vedere più cinghie sulle city bike perché la catena ha veramente stufato ed è la principale fonte del luridume che il meccanico di bici si trova sulle mani quando deve sistemare una bici. Forza telaisti, sbrigatevi a costruire i carri posteriori apribili e sveglia importatori a fornire la disponibilità di ricambi nella piccola distribuzione!

debacle di Shimano
Una decina d'anni fa le mtb top di gamma erano equipaggiate con un XTR della Shimano, punto. Poi pian piano sempre più ciclisti hanno scelto di affidare la cambiata alla Sram e recentemente, con l'introduzione dell'XX1, la situazione si è ribaltata. Ora il top di gamma monta il monocorona a denti differenziati della Sram. Shimano non ha ancora trovato un'alternativa valida ed è rimasta indietro.
Nel settore dei cambi elettrici è invece Campagnolo ad avermi dato maggiore sicurezza grazie al doppio comando (leva freno e pulsante interno) che permette una cambiata facile senza rischio di schiacciare il pulsante sbagliato come invece mi è capitato con le levette ravvicinate di Shimano.
Nel settore dischi stradali mi sono già espresso prima, meno scelta e meno primi montaggi rispetto ad Avid/Sram.
Cari amici giapponesi, ve lo dice un vostro grande fan, avete molta strada da fare se volete rimettervi in pari coi concorrenti.

pornografia
BMC e Look sfoggiavano le biciclette più arrapanti di tutta la fiera. Vincitrice personale la track machine della casa svizzera. Però ho deciso di usare come copertina di questo post la S-light Hyperfive perché è certamente il tentativo più orgoglioso di proporre una bicicletta innovativa in quanto a materiali e soluzioni tecniche.

Ho scattato un intero foto-reportage di quello che ho trovato interessante. Lo potete trovare qui. Rifatevi un po' gli occhi perché c'è roba veramente succosa.