Quando
Orion dal cielo
declinando
imperversa
e
pioggia e nevi e gelo
sopra
la terra ottenebrata versa,
me
spinto ne la iniqua
stagione,
infermo il piede,
tra
il fango e tra l'obliqua
furia
de' carri la città gir vede;
e
per avverso sasso
mal
fra gli altri sorgente
o
per lubrìco passo
lungo
il cammino stramazzar sovente.
Ride
il fanciullo; e gli occhi
tosto
gonfia commosso
che
il cubito o i ginocchi
me
scorge o il mento dal cader percosso.
Altri
accorre; e: - Oh infelice
e
di men crudo fato
degno
vate! - mi dice;
e,
seguendo il parlar, cinge il mio lato
con
la pietosa mano;
e
di terra mi toglie;
e
il cappel lordo e il vano
baston
dispersi ne la via raccoglie:
-
Te ricca di comune
censo
la patria loda;
te
sublime, te immune
cigno
da tempo che il tuo nome roda
chiama
gridando intorno;
e
te molesta incìta
di
poner fine al Giorno
per
cui cercato a lo stranier ti addita.
Ed
ecco il debil fianco
per
anni e per natura
vai
nel suolo pur anco
fra
il danno strascinando e la paura:
né
il sì lodato verso
vile
cocchio ti appresta
che
te salvi a traverso
de'
trivi dal furor de la tempesta.
Sdegnosa
anima! prendi
prendi
novo consiglio,
se
il già canuto intendi
capo
sottrarre a più fatal periglio.
Congiunti
tu non hai,
non
amiche, non ville
che
te far possan mai
nell'urna
del favor preporre a mille.
Dunque
per l'erte scale
arrampica
qual puoi;
e
fa' gli atri e le sale
ogni
giorno ulular de' pianti tuoi.
O
non cessar di porte
fra
lo stuol de' clienti,
abbracciando
le porte
de
gl'imi che comandano a i potenti;
e
lor mercé penètra
ne'
recessi de' grandi;
e
sopra la lor tetra
noia
le facezie e le novelle spandi.
O,
se tu sai, più astuto
i
cupi sentier trova
colà
dove nel muto
aere
il destin de' popoli si cova;
e
fingendo nova esca
al
pubblico guadagno
l'onda
sommovi e pesca
insidioso
nel turbato stagno.
Ma
chi giammai potrìa
guarir
tua mente illusa
o
trar per altra via
te
ostinato amator de la tua Musa?
Lasciala:
O, pari a vile
mima,
il pudore insulti,
dilettando
scurrile
i
bassi geni dietro al fasto occulti -.
Mia
bile, al fin costretta
già
troppo, dal profondo
petto
rompendo, getta
impetuosa
gli argini; e rispondo:
-
Chi sei tu che sostenti
a
me questo vetusto
pondo
e l'animo tenti
prostrarmi
a terra? Umano sei, non giusto.
Buon
cittadino, al segno
dove
natura e i primi
casi
ordinar, lo ingegno
guida
così che lui la patria estimi.
Quando
poi d'età carco
il
bisogno lo stringe,
chiede
opportuno e parco
con
fronte liberal che l'alma pinge.
E
se i duri mortali
a
lui voltano il tergo,
ei
si fa, contro a i mali,
de
la costanza sua scudo ed usbergo.
Né
si abbassa per duolo,
né
s'alza per orgoglio -.
E
ciò dicendo, solo
lascio
il mio appoggio; e bieco indi mi toglio.
Così,
grato a i soccorsi,
ho
il consiglio a dispetto;
e
privo di rimorsi,
col
dubitante piè torno al mio tetto.