In occasione della Red Hook Criterium sono andato a farmi un week end nella capitale catalana. Tralasciando volutamente la mia prestazione barbina in gara, mi piacerebbe soffermarmi sulla ciclabilità di una simile metropoli, sui suoi servizi e sulla percezione bike friendly che mi hanno dato gli utenti della strada.
Innanzitutto un breve cenno altimetrico: Barcellona è mediamente pianeggiante nella zona costiera per impennarsi sempre di più a ridosso delle collina che ospita il luna park del monte Tibidabo. Non mancano poi all'interno della città delle asperità modeste con pendenze importanti ma brevi.
Il mezzo con cui giravo era la classica bici da pista che per l'occasione era stata privata dell'impianto frenante. Rapporto 47:15. Col senno di poi avrei optato per qualcos'altro, magari una fissa frenata e con rapporto più agile di un paio di denti sul pignone o addirittura una ruota libera e 2 freni. Tuttavia, nonostante la bici un po' sbagliata e i saliscendi ho trovato la città mediamente molto ciclabile e fruibile sotto tanti aspetti.
Partiamo dalle strade. Asfalto liscio ma col giusto grip, corsie larghe, segnaletica chiara e un discreto numero di piste ciclabili quasi sempre separate dalle altre corsie e disegnate con criterio. Nelle ciclabili appunto c'è spazio sufficiente per transitare in sicurezza, si è sempre ben visibili nei confronti degli altri utenti della strada e soprattutto non ho trovato un solo pedone che sia uno né un'auto o una moto parcheggiata né cani al guinzaglio o altri invasori molesti. Ma la cosa più furba in assoluto è la suddivisione dei grossi corsi a più corsie tra mezzi pubblici, mezzi a motore e piste ciclabili. La soluzione che pare andasse per la maggiore per i viali a 6 corsie è dedicare 4 corsie ai mezzi a motore (2 per verso), una corsia ai mezzi pubblici in un verso e una corsia alla pista ciclabile a doppio senso nel verso opposto. Perché non riusciamo a farlo anche in Italia? Ah certo, non ho considerato una massa di primati semianalfabeti che inizierebbe a sbraitare che è una manovra da ecologisti che penalizza i poveri lavoratori costretti ad usare la macchina per portare a casa la pagnotta e che la bici va bene per farsi il giro la domenica nel parco.
La gradevolezza delle mie pedalate catalane era in gran parte dovuta all'educazione e al rispetto degli automobilisti nei miei confronti. Per fare un esempio pratico basti dire che là il peggiore degli zarri lampadati con la macchina truccata e il braccio fuori dal finestrino è mediamente molto più rispettoso e meno impaziente di un qualsiasi padre di famiglia italico di quelli che pigiano a 100 all'ora per portare i figli a scuola a un kilometro da casa. Ovviamente il codice della strada vale per tutti e se giochi a MASH SF può capitare che la madama ti pinzi per multarti anche se sei in bici.
Ah, in tutto questo bendidio non mi è mai capitato, se non in situazioni di concentrazione disumana di ciclisti, di dover legare la bici a un palo o ad altri agganci di fortuna: Barcellona è disseminata di rastrelliere fatte abbastanza bene che, oltre a essere utili, minimizzano il degrado urbano delle bici bloccate su qualsiasi cosa agganciabile da un lucchetto.
Infine per chi non se la sentisse di usare l'ottima rete di trasporti pubblici di Barcellona, esiste anche un servizio di bike sharing. In questo caso l'opinione che posso dare è sulla carta, anzi sulla foto digitale che ho fatto alle bici parcheggiate nelle stazioni perché non ho avuto tempo di salire in sella a una delle tante biciclette rosse condivise. Un giudizio sintetico? Ben fatto. Le biclettine hanno ruote a dimensione differenziata per l'anteriore da 20" (credo) e 24" (di nuovo a occhio) posteriore. I freni sono a tamburo posteriore e a tamburo o a v-brake per l'anteriore. Il cambio è nel mozzo posteriore e ci sono dei bei parafanghi integrali e un carter per la catena, tutto molto ben coprente e protettivo. Il portapacchi anteriore è tutt'uno col manubrio, molto robusto e ospita un voluminoso fanale anch'esso corazzato che sembra preso in prestito da un safari africano. Il fanale posteriore è integrato nel telaio al nodo di sella, tutto alimentato dall'alternatore presente nel mozzo anteriore.
Il quadro che esce con queste specifiche tecniche è quello di una bici appositamente progettata per essere robusta, sempre affidabile e resistentissima agli agenti atmosferici. la ciliegina sulla torta forse sarebbe stata una trasmissione ad albero cardanico, ma niente è perfetto. Lascio ai maligni l'onere di fare un paragone con quei rottami di city bike da supermercato sempre sfasciate e sbloccabili in numero illimitato che mette a disposizione ToBike in quel di Torino.
Insomma, sono stato in una metropoli avanti anni luce rispetto alle nostre e la cosa più sorprendente è che non fossimo nel tanto idolatrato nord europa, ma in un paese che tradizionalmente e culturalmente è molto simile al nostro. La sola differenza è che da noi le cose si fanno come sempre a membro canino senza valutare conseguenze a lungo termine. Da tornarci assolutamente.
Innanzitutto un breve cenno altimetrico: Barcellona è mediamente pianeggiante nella zona costiera per impennarsi sempre di più a ridosso delle collina che ospita il luna park del monte Tibidabo. Non mancano poi all'interno della città delle asperità modeste con pendenze importanti ma brevi.
Il mezzo con cui giravo era la classica bici da pista che per l'occasione era stata privata dell'impianto frenante. Rapporto 47:15. Col senno di poi avrei optato per qualcos'altro, magari una fissa frenata e con rapporto più agile di un paio di denti sul pignone o addirittura una ruota libera e 2 freni. Tuttavia, nonostante la bici un po' sbagliata e i saliscendi ho trovato la città mediamente molto ciclabile e fruibile sotto tanti aspetti.
Partiamo dalle strade. Asfalto liscio ma col giusto grip, corsie larghe, segnaletica chiara e un discreto numero di piste ciclabili quasi sempre separate dalle altre corsie e disegnate con criterio. Nelle ciclabili appunto c'è spazio sufficiente per transitare in sicurezza, si è sempre ben visibili nei confronti degli altri utenti della strada e soprattutto non ho trovato un solo pedone che sia uno né un'auto o una moto parcheggiata né cani al guinzaglio o altri invasori molesti. Ma la cosa più furba in assoluto è la suddivisione dei grossi corsi a più corsie tra mezzi pubblici, mezzi a motore e piste ciclabili. La soluzione che pare andasse per la maggiore per i viali a 6 corsie è dedicare 4 corsie ai mezzi a motore (2 per verso), una corsia ai mezzi pubblici in un verso e una corsia alla pista ciclabile a doppio senso nel verso opposto. Perché non riusciamo a farlo anche in Italia? Ah certo, non ho considerato una massa di primati semianalfabeti che inizierebbe a sbraitare che è una manovra da ecologisti che penalizza i poveri lavoratori costretti ad usare la macchina per portare a casa la pagnotta e che la bici va bene per farsi il giro la domenica nel parco.
La gradevolezza delle mie pedalate catalane era in gran parte dovuta all'educazione e al rispetto degli automobilisti nei miei confronti. Per fare un esempio pratico basti dire che là il peggiore degli zarri lampadati con la macchina truccata e il braccio fuori dal finestrino è mediamente molto più rispettoso e meno impaziente di un qualsiasi padre di famiglia italico di quelli che pigiano a 100 all'ora per portare i figli a scuola a un kilometro da casa. Ovviamente il codice della strada vale per tutti e se giochi a MASH SF può capitare che la madama ti pinzi per multarti anche se sei in bici.
Ah, in tutto questo bendidio non mi è mai capitato, se non in situazioni di concentrazione disumana di ciclisti, di dover legare la bici a un palo o ad altri agganci di fortuna: Barcellona è disseminata di rastrelliere fatte abbastanza bene che, oltre a essere utili, minimizzano il degrado urbano delle bici bloccate su qualsiasi cosa agganciabile da un lucchetto.
Infine per chi non se la sentisse di usare l'ottima rete di trasporti pubblici di Barcellona, esiste anche un servizio di bike sharing. In questo caso l'opinione che posso dare è sulla carta, anzi sulla foto digitale che ho fatto alle bici parcheggiate nelle stazioni perché non ho avuto tempo di salire in sella a una delle tante biciclette rosse condivise. Un giudizio sintetico? Ben fatto. Le biclettine hanno ruote a dimensione differenziata per l'anteriore da 20" (credo) e 24" (di nuovo a occhio) posteriore. I freni sono a tamburo posteriore e a tamburo o a v-brake per l'anteriore. Il cambio è nel mozzo posteriore e ci sono dei bei parafanghi integrali e un carter per la catena, tutto molto ben coprente e protettivo. Il portapacchi anteriore è tutt'uno col manubrio, molto robusto e ospita un voluminoso fanale anch'esso corazzato che sembra preso in prestito da un safari africano. Il fanale posteriore è integrato nel telaio al nodo di sella, tutto alimentato dall'alternatore presente nel mozzo anteriore.
Il quadro che esce con queste specifiche tecniche è quello di una bici appositamente progettata per essere robusta, sempre affidabile e resistentissima agli agenti atmosferici. la ciliegina sulla torta forse sarebbe stata una trasmissione ad albero cardanico, ma niente è perfetto. Lascio ai maligni l'onere di fare un paragone con quei rottami di city bike da supermercato sempre sfasciate e sbloccabili in numero illimitato che mette a disposizione ToBike in quel di Torino.
Insomma, sono stato in una metropoli avanti anni luce rispetto alle nostre e la cosa più sorprendente è che non fossimo nel tanto idolatrato nord europa, ma in un paese che tradizionalmente e culturalmente è molto simile al nostro. La sola differenza è che da noi le cose si fanno come sempre a membro canino senza valutare conseguenze a lungo termine. Da tornarci assolutamente.