martedì 31 maggio 2016

L'inutilità dei cerchi ad alto profilo in città



Cosa cambia tra i vari tipi di ruote? Semplificando molto, cambia che delle ruote con cerchi ad alto profilo saranno pesanti, rigide ed aerodinamiche mentre dei basso profilo saranno leggere, elastiche e faranno tanta resistenza con l'aria. Dando uno sguardo alle grandi corse dei professionisti noteremo come nelle tappe di montagna si prediligano ruote leggere per portarsi dietro meno zavorra in salita sacrificando un po' di aerodinamica e nelle corse più veloci e pianeggianti le bici monteranno profili alti per tagliare meglio l'aria e risparmiare quei pochi watt in velocità che potrebbero determinare l'esito di una volata. Ancora più significative sono le corse a cronometro o ancora meglio l'inseguimento in pista  dove si estremizza il concetto di alto profilo usando ruote a razze o lenticolari che tagliano perfettamente l'aria eliminando al minimo i vortici che si aprono e chiudono sul cerchio e sui raggi pagando il prezzo di un peso spropositato che sarebbe troppo penalizzante in salita o nei rilanci. In città, come è ovvio, le velocità sono basse e si rilancia l'andatura ad ogni incrocio quindi servono ruote leggere con buona pace della penetrazione dell'aria.

Alla luce di questi pochi, semplici e banali concetti mi spiegate per quale stracazzo di motivo non esistono ruote a scatto fisso per utilizzo urbano montate decentemente con dei cerchi onesti tipo Ambrosio Excursion o Mavic Open Pro ma si trova solo roba ignobile con profili altissimi e pesi da petroliera che oltre a tutti i difetti già elencati obbligano anche ad usare camere costose con valvole lunghe?

La bici in foto comunque è mia: è una conversione mozzona e quasi cargo di un vecchio telaio inglese trovato nella spazzatura e montato con pezzi di recupero tra cui anche 2 ruote con cerchi camo da 40 mm avute per un prezzo simbolico in quanto c'era da cambiare il mozzo posteriore che aveva l'asse sfilettato. Per carità funzionano, ma sono davvero orrende.  Spendete 4 soldi in croce e fatevi raggiare da un ciclista serio una coppia di ruote con componenti validi e possibilmente con mozzo ISO a prova di skid.

giovedì 5 maggio 2016

Bretelle catarifrangenti


Ha fatto scalpore sui social network la proposta di un politico torinese di rendere obbligatorio l'uso di accessori ad alta visibilità come gilet o bretelle per i ciclisti che circolano col buio sul territorio del capoluogo piemontese. Tralasciando la presunta illegittimità di tale manovra, trovo che il codice della strada già adesso prescriva le giuste dotazioni per quel che riguarda la visibilità con l'obbligo di luci anteriori e posteriori e catarifrangenti su ruote e pedali. Quindi se si vuole migliorare la sicurezza dei ciclisti trovo molto più utile andare a controllare che la gente non giri senza luci - e purtroppo ce ne sono tanti - piuttosto che inventarsi nuove regole.

Metto subito in chiaro che sono fermamente contrario a quest'obbligo esattamente come sono contrario all'obbligo del casco nonostante lo indossi sempre. Tuttavia ci sono situazioni in cui è meglio farsi vedere e mi sono preso su Amazon queste bretelle per poco più di un deca. Si trovano anche nei negozi di autoricambi e forse anche nei supermercati più forniti. L'acquisto via web però permette di scegliere tra molti più modelli e io ho optato per un tipo dotato di chiusura anteriore che lascia aprire le bretelle per poterle infilare di lato come se fossero una camicia invece che dall'alto come una t-shirt. Indossandole ho notato subito che non si fa la figura di un operaio in un cantiere autostradale o di uno steward allo stadio come invece capita coi gilet. Esteticamente impattano molto poco e, cosa ancora più utile, essendo costituite da poca stoffa non fanno pezzare come cavalli sotto sforzo e, una volta appallottolate, si infilano in qualunque tasca, anche piccola. Ma nonostante le dimensioni ridotte le strisce rifrangenti brillano per bene se colpite da un fascio luminoso che parte da una zona vicina agli occhi dell'osservatore come possono essere i fari di un'automobile.


Sulla schiena si forma una bella X che aiuta a tenere le bretelle ben ferme anche se ci si agita quando si sta in sella. Purtroppo, sempre sulla schiena, le bretelle diventano quasi invisibili se indossiamo una messenger bag o uno zaino che andrà a coprire quasi tutta la superficie riflettente e questo capita praticamente sempre in città se abbiamo della roba da trasportare. Il consiglio è di usare zaini e borse specifiche da bici che siano già dotate di bande riflettenti.


Sì, ho fatto le foto su un servomuto con la parte superiore di un mio pigiama.

In conclusione ha senso dotarsi di quest'aggeggio? Forse, ma non speriamo di essere magicamente visibili perché se uno è così imbecille da guidare mentre whatsappa non sarà certo un giubbottino catarifrangente a salvarci la vita. E nella mia esperienza personale ho perso il conto delle volte che ho rischiato di essere arrotato di giorno e in pieno sole.
Le indosserò sempre queste bretelle? No, ma me le terrò in borsa nel caso dovessi affrontare tratti pericolosi, troppo bui o semplicemente nelle giornate di nebbia. Hanno sicuramente senso da indossare andando a percorrere di giorno tragitti che prevedono un alternarsi casuale di tratti illuminati e tratti bui, come può essere una strada che attraversa delle gallerie. La discesa da Claviere verso Cesana o il giro dell'Izoard tra Guillestre e Arvieux sono esempi perfetti per chi conosce le zone. Peccato che siano itinerari da fare in bici da strada e non spostamenti urbani notturni. Chissà se chi ha pensato per primo a quest'obbligo l'avrebbe mai immaginato...

martedì 22 marzo 2016

Infinity Pedal


Qualche tempo fa un amico partecipò a una campagna su kickstarter che aveva l'intento di lanciare un progetto per dei pedali da bici innovativi e tra una storia e l'altra sti pedali sono finiti a me per farne un piccolo test.
L'idea di fondo è quella di avere infinite facce di aggancio e spiazzare la concorrenza dei classici pedali da strada che si bloccano solo su un lato, di quelli da mtb che si bloccano su 2 e superare addirittura gli egg beater di Crank Brothers che hanno il meccanismo su 4 lati. L'idea di per sè è semplice: la forma del pedale è tonda e la tacchetta si aggancia direttamente a un anello che copre i cuscinetti. Il meccanismo è quindi sempre disponibile in qualsiasi posizione si trovi il pedale. Tra i 2 cuscinetti c'è poi una molla coassiale che tiene il cuscinetto più interno in posizione e si comprime permettendo lo sgancio quando si va a ruotare la scarpa come su qualsiasi altro pedale automatico.




La confezione è composta di una scatoletta metallica con i vari pezzi bloccati dentro della spugna opportunamente sagomata. Il contenuto comprende i pedali, le tacchette da attaccare alle scarpe e la viteria necessaria. A me sono arrivati 2 set di tacchette, ma non so se sia un regalo esclusivo per i generosi finanziatori di kickstarter o se sia la dotazione standard per tutti quelli che compreranno questi pedali nella loro versione commerciale. C'è anche un piccolo foglietto sul retro del coperchio che spiega come piegare le linguette delle tacchette per facilitare l'aggancio.


Nonostante l'attacco delle tacchette sulla scarpa sia di tipo mtb, questi sono pedali da strada. 



Veniamo alla prova sul campo; la prima cosa veramente valida e interessante di questi pedali è il peso. Sono molto più leggeri di altri pedali analoghi che si possono montare su una scarpa da mtb. Io ho fatto un paragone con dei classici Shimano PD-M540 che costituiscono la gamma medio-alta del marchio giapponese per quel che riguarda la mtb.
L'insieme completo di pedali, tacchette e viteria segna 244 g (197 solo pedali) per i Mobius, mentre la bilancia sale a 400 g (348 solo pedali) per gli Shimano: insomma, una bella differenza!

 
 
Sì, ma come vanno sti pedali? Ecco, qui non sono rimasto soddisfatto. Premesso che sono più di 10 anni che uso pedali automatici (essenzialmente spd e speedplay) quindi non sono proprio un novellino che cade dalle nuvole, ho trovato il meccanismo parecchio scomodo. Sicuramente è una questione di abitudine perché invece di spingere la scarpa verso il basso bisogna piuttosto farla scivolare in avanti ed è un gesto che non faccio mai, ma avere difficoltà ad agganciare un pedale che sbandiera slogan come "infinite engagement positions", "self guided engagement" e "no-look clip in" vuol dire che forse c'è qualcosa da rivedere nell'insieme pedale-tacchetta. Inoltre, cosa ancora più fastidiosa, il fatto che la tacchetta appoggi direttamente sui cuscinetti fa sì che, mentre si cerca di agganciare, la scarpa scorra avanti e indietro perché manca quell'attrito dei pedali tradizionali contro la suola e che permette di "sentire" come abbiamo appoggiato il piede per andare poi a dare il colpo finale e agganciare sui sistemi tradizionali. Ripeto, sarà l'abitudine, ma non ho provato nessun vantaggio in termini di facilità di aggancio rispetto alla concorrenza.
Quando c'è da sganciare la forza che serve per staccarsi è troppo blanda e soprattutto l'azione risulta troppo lineare diversamente da tutti gli altri pedali automatici che in prossimità dello sgancio diventano leggermente più duri per avvisare il ciclista che ci si sta avvicinando all'apertura. Non c'è quasi soluzione di continuità tra pedale bloccato e pedale aperto e spesso mi sono trovato sgranchendomi le gambe coi pedali sganciati a causa dei micro movimenti rotatori che si fanno con le caviglie. L'assenza di un registro per tarare la durezza della molla non aiuta.
Ultima cosa sgradevole: le tacchette sono decisamente più spesse di quelle tradizionali da mtb e sulle mie scarpe che sono un po' consumate spuntano di qualche millimetro con conseguente rumore e danni al pavimento quando si cammina su superfici delicate.
Peccato perché i pedali sono leggeri, esteticamente molto gradevoli e soprattutto la trasmissione della potenza mi è sembrata di tutto rispetto, ma per come funzionano non so se me la sentirei così su due piedi di montarli su una bici pronta per correre in gruppo a 50 all'ora.

Idea innovativa e sfiziosa, ma la realizzazione è da migliorare.

http://www.mobiuscycling.com/